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Social ‘cattivi maestri’ quando parlano di salute. “I consigli medici parziali o fuorvianti condivisi dagli influencer possono causare danni e richiedono un’azione coordinata da parte di governi e piattaforme per proteggere il pubblico”. E’ l’allarme-appello lanciato da ‘The Bmj’ che mette nero su bianco la preoccupazione degli scienziati per un fenomeno dilagante: “Gli influencer dei social media sono una fonte crescente di consigli medici. Oltre il 70% dei giovani adulti negli Stati Uniti segue gli influencer e più del 40% ha acquistato prodotti in base ai loro consigli”, si legge in un articolo firmato da Raffael Heiss del Center for Social and Health Innovation – Mci Management Center Innsbruck, insieme a 5 colleghi tra Austria e Usa. Â
Gli autori rilevano nei suggerimenti di salute degli influencer 4 criticità : “La mancanza di competenze mediche o di conoscenze pertinenti, l’influenza dell’industria, interessi imprenditoriali e convinzioni personali”. Sono i ‘bias’ a causa dei quali i consigli medici diffusi via social “possono determinare danni psicologici, fisici, finanziari e sistemici: da autodiagnosi imprecise e trattamenti inappropriati a spese inutili e costi sanitari più elevati”. I ricercatori citano come “esempio lampante la celebrity Kim Kardashian, che ha incoraggiato i suoi 360 milioni di follower su Instagram a sottoporsi a uno screening completo con risonanza magnetica” total body, “un esame privo di benefici comprovati e collegato a diagnosi eccessive, interventi inutili e costi elevati”. Ma “anche gli influencer con competenze in ambito sanitario possono fornire consigli fuorvianti”, avvertono Heiss e colleghi: “Ad esempio Eric Berg, un chiropratico statunitense con 14 milioni di iscritti su YouTube, promuove l’uso di integratori ad alto dosaggio” e al contempo “vende il suo marchio di vitamina D e altri prodotti, alcuni dei quali sono stati oggetto di un avviso legale per un contenuto di piombo superiore ai livelli di sicurezza”. A rendere ‘dottor influencer’ ancora più “persuasivo”, e quindi potenzialmente insidioso, analizzano gli esperti, è la “capacità di creare legami reali o unilaterali (spesso definiti ‘parasociali’) con i follower”.Â
Gli autori riconoscono che “alcuni influencer offrono consigli di salute utili, inclusi medici e altri che aiutano a sfatare diffusi luoghi comuni”. Ci sono poi gli influencer che parlano di malattie di cui soffrono in prima persona, e che da pazienti “possono fornire un supporto prezioso tra pari, soprattutto per condizioni stigmatizzate, creando spazi sicuri” di confronto “e condividendo esperienze personali”. Tuttavia, insistono i ricercatori, “massimizzare i benefici e minimizzare i danni dei consigli medici degli influencer richiederà la collaborazione di più attori, in particolare governi e piattaforme di social media”. Le strategie auspicate dagli esperti prevedono “una regolamentazione efficace, una maggiore responsabilità delle piattaforme e degli influencer, e un’acquisizione di consapevolezza da parte degli utenti attraverso una formazione mirata e l’accesso a informazioni affidabili e verificate”.Â
“Regolamentare e moderare piattaforme e influencer è necessario”, concordano in un editoriale correlato all’articolo gli americani Tina Purnat (Harvard) e David Scales (Cornell University), che però ritengono anche “indispensabile promuovere la fiducia attraverso comunità verificate, forum approvati dai medici e campagne di salute pubblica partecipative”. I firmatari analizzano come le piattaforme digitali, le occasioni di incontro con i clinici e gli spazi comunitari, sia online che offline, plasmino le convinzioni dei pazienti, le loro aspettative e le loro richieste. “Il processo decisionale condiviso deve evolversi per l’era digitale”, scrivono. Â
In un articolo correlato, Stephanie Santos Paulo del Bmj dà voce alle testimonianze di pazienti influencer che si sono guadagnati un ampio seguito sui social, condividendo storie personali sulla loro malattia e le terapie che seguono. Racconti che, osserva, promuovono un senso di autenticità e di connessione emotiva con i follower. “Penso che in parte le persone considerino i social media più utili per trovare risposte perché non è facile contattare un professionista sanitario”, riflette Liam Robertson, la cui pagina Instagram @livingwithulcerativecolitis (vivere con la colite ulcerosa) conta 9.300 follower. Esprime una speranza Lily Mae, che con l’account Instagram @chronicallylil narra la sua convivenza con la sindrome di Ehlers-Danlos, l’endometriosi e la sindrome da compressione vascolare: “Vorrei che gli operatori sanitari ascoltassero e interagissero di più con le comunità di pazienti online. C’è una tale ricchezza di conoscenze di prima mano condivise – storie vere, sintomi ed esperienze vissute – che potrebbero contribuire a migliorare l’assistenza se più operatori si prendessero del tempo per comprenderle”. Jen Moore, che sulla pagina Instagram @jen.dometriosis pubblica post sull’endometriosi e l’adenomiosi, rivendica il ruolo dei pazienti influencer nell’indirizzare i follower verso i professionisti sanitari: “Se non coinvolgiamo i medici in ciò che stiamo cercando di fare – dice – nulla cambierà ”.Â
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